L'attività arbitrale italiana è finanziata dagli arbitri stessi?
Una domanda sta attraversando in queste ore il mondo del rugby italiano: l’attività arbitrale è finanziata dagli arbitri stessi? Il quesito lo pone l'ARIA, l'Associazione degli arbitri italiani di rugby in un dettagliato articolo consultabile sul sito dell'Associazione.
I dati enunciati nell'articolo evidenziano una situazione di particolare delicatezza. Ad esempio risulterebbe che i rimborsi "diaria" agli arbitri regionali siano liquidati mediamente dopo circa 100 giorni, quasi tre messi e mezzo.
Ma questo sarebbe un dato medio. Ciò che caratterizza la tempistica di questi rimborsi è la grande variabilità.
Ad esempio oggi il rimborso può arrivare il mese successivo a quello delle spese sostenute dall'arbitro, ma potrebbe arrivare anche sei mesi dopo. Tradotto in termini semplici: la tempistica media, oltre che allungarsi, è divenuta inattendibile.
E l'articolo conclude ponendosi un quesito: al momento l'attività degli arbitri, in particolari di quelli più giovani impegnati negli studi universitari, è sovvenzionata dalle famiglie, quasi fosse un impegno di volontariato svolto dai figli volenterosi?
E di converso noi ci domandiamo: è questa l'immagine che il rugby italiano vuole dare di sé?
I dati enunciati nell'articolo evidenziano una situazione di particolare delicatezza. Ad esempio risulterebbe che i rimborsi "diaria" agli arbitri regionali siano liquidati mediamente dopo circa 100 giorni, quasi tre messi e mezzo.
Ma questo sarebbe un dato medio. Ciò che caratterizza la tempistica di questi rimborsi è la grande variabilità.
Ad esempio oggi il rimborso può arrivare il mese successivo a quello delle spese sostenute dall'arbitro, ma potrebbe arrivare anche sei mesi dopo. Tradotto in termini semplici: la tempistica media, oltre che allungarsi, è divenuta inattendibile.
E l'articolo conclude ponendosi un quesito: al momento l'attività degli arbitri, in particolari di quelli più giovani impegnati negli studi universitari, è sovvenzionata dalle famiglie, quasi fosse un impegno di volontariato svolto dai figli volenterosi?
E di converso noi ci domandiamo: è questa l'immagine che il rugby italiano vuole dare di sé?
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